Art. 1
(Finalità)
- La Regione, nel quadro dei principi della legge 18 maggio 1989, n. 183 e successive modificazioni, della legge 8 agosto 1985, n. 431 e del piano paesistico ambientale regionale approvato dal Consiglio regionale con deliberazione 3 novembre 1989, n. 197, e in attuazione del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 persegue le finalità di assicurare la difesa del suolo, il risanamento delle acque, la fruizione e la gestione del patrimonio idrico per gli usi di razionale sviluppo economico, sociale e la tutela degli aspetti ambientali connessi.
- La Regione raccorda, in attuazione agli indirizzi del programma regionale di sviluppo, l’attività di difesa del suolo con gli strumenti di programmazione e di pianificazione territoriale e con gli strumenti di programmazione settoriale.
- A tal fine, la Regione, l’Autorità di bacino, gli enti dipendenti e gli enti locali svolgono le opportune azioni di carattere conoscitivo, di programmazione e di pianificazione degli interventi di attuazione degli stessi ai sensi degli articoli 2 e 3 della legge 183/1989.
- Nell’allegato A alla presente legge sono contenuti gli indirizzi per la redazione dei piani di bacino.
Art. 2
(Autorità di bacino regionale)
- Per tutti i bacini di rilievo regionale è istituita un’unica Autorità di bacino, che ha sede presso la Giunta regionale.
- I bacini idrografici di rilievo regionale sono individuati nell’allegato B alla presente legge.
Art. 3
( (Organi dell’Autorità di bacino))
- Sono organi dell’Autorità di bacino regionale:
a) il Comitato istituzionale;
b) il Comitato tecnico;
c) il Segretario generale.
Art. 4
(Comitato istituzionale)
- Per l’unica Autorità di bacino di rilievo regionale, la Giunta regionale svolge le funzioni di Comitato istituzionale.
- Il Comitato istituzionale è presieduto dal Presidente della Giunta regionale o dall’Assessore regionale da lui delegato. All’insediamento del Comitato istituzionale si provvede con decreto del Presidente della Regione entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
- Alle sedute del Comitato istituzionale partecipa il Segretario generale dell’Autorità di bacino con voto consultivo.
- Il Comitato istituzionale svolge le seguenti attività:
a) definisce criteri, metodi, tempi e modalità per l’elaborazione del piano dei bacini di rilievo regionale, in conformità agli indirizzi di cui all’articolo 4 della legge 183/1989 eventualmente prevedendo articolazioni in piani riferiti a sub-bacini o ad ambiti omogenei comprendenti più bacini idrografici;
b) stabilisce i criteri e le direttive per l’organizzazione ed il funzionamento del servizio di polizia idraulica e di quello per la manutenzione delle opere, nonché per l’organizzazione del servizio di pronto intervento idraulico e dei servizi di piena;
c) adotta i piani di bacino e li trasmette per l’approvazione al Consiglio regionale;
d) approva i programmi triennali di intervento;
e) approva il bilancio idrico e le misure per la pianificazione dell’economia idrica, al fine di assicurare l’equilibrio fra le disponibilità della risorsa reperibile ed i fabbisogni per i diversi usi, nonché il minimo deflusso costante vitale ai sensi della legge 36/1994;
f) stabilisce i criteri e le direttive per il rilascio dei provvedimenti, di autorizzazioni e di concessioni in materia di conservazione e difesa del suolo, del territorio, di tutela ed uso delle acque nei bacini idrografici di rilievo regionale;
g) valuta le proposte formulate dal Comitato tecnico regionale per la difesa del suolo;
h) approva e trasmette al Consiglio regionale la relazione annuale sull’uso del suolo, sulle condizioni dell’assetto idrogeologico del territorio e sullo stato di attuazione del programma triennale in corso;
i) promuove forme di coordinamento e collaborazione tra i soggetti pubblici e privati operanti nelle materie di cui alla presente legge;
l) coordina le attività e le competenze tra le amministrazioni statali, regionali e degli enti locali;
m) predispone, per l’approvazione del Consiglio regionale in pendenza dell’approvazione dei piani di bacino di rilievo regionale, i relativi schemi previsionali e programmatici di cui all’articolo 31, comma 3, della legge 183/1989, su proposta del Comitato tecnico regionale per la difesa del suolo;
n) approva il programma degli interventi triennali di bonifica montana e quelli di bonifica integrata. - Le determinazioni del Comitato istituzionale sono assunte a maggioranza dei presenti; in caso di parità dei voti prevale il voto del Presidente.
Nota relativa all’articolo 4
Così modificato dall’art. 7, l.r. 3 aprile 2015, n. 13.
Ai sensi del comma 11 dell’art. 6, l.r. 3 aprile 2015, n. 13, le disposizioni abrogate o modificate in virtù dell’art. 7 della medesima legge continuano ad applicarsi fino alla data di effettivo esercizio da parte della Regione delle funzioni trasferite.
Art. 5
(Conferenze provinciali delle autonomie)
- Il compito di garantire la partecipazione, la collaborazione, l’informazione e il coordinamento tra l’Autorità di bacino regionale e il territorio, è assicurato dalla Conferenza provinciale delle autonomie.
- La Conferenza, convocata e presieduta dal Presidente della Provincia, è allargata a tutti gli enti ed istituzioni interessati, compresi gli enti di gestione delle aree protette.
- La Conferenza può essere convocata congiuntamente dai rispettivi Presidenti delle Province, nel caso di bacino interprovinciale.
Art. 6
(Comitato tecnico dell’Autorità di bacino)
- Il Comitato tecnico dell’Autorità di bacino è organo di consulenza tecnico-scientifica del Comitato istituzionale e provvede alla predisposizione degli atti di competenza di questo, avvalendosi della segreteria tecnico-operativa di cui all’articolo 8. Può altresì presentare proprie proposte al Comitato istituzionale.
- Il Comitato tecnico dell’Autorità di bacino è composto:
a) dai Dirigenti dei servizi lavori pubblici, tutela e risanamento ambientale, agricoltura, programmazione, urbanistica, artigianato e industria, protezione civile;
b) dal Direttore dell’ARPAM;
c) da tre funzionari dello Stato designati, rispettivamente, dal Ministero dei lavori pubblici, dal Ministero dell’ambiente e dal Ministero per le politiche agricole;
d) …………………………………………………………………….. - Il Comitato è nominato con decreto del Presidente della Giunta regionale; qualora entro trenta giorni dalla richiesta non fossero stati indicati dai Ministeri i funzionari designati, il Comitato viene comunque costituito salvo integrazione con il pervenire delle suddette designazioni.
- Ai membri del Comitato spettano per ogni seduta, e in caso di missione, i compensi in misura uguale a quella corrisposta, ai sensi della l.r. 2 agosto 1984, n. 20, e successive modificazioni ed integrazioni, ai componenti del Comitato regionale per il territorio.
- Il Segretario generale, in relazione alle questioni sottoposte all’esame del Comitato, può invitare a partecipare alle sedute i Dirigenti di altri servizi regionali anche decentrati o loro delegati, i Dirigenti di enti locali e di altri enti pubblici per ogni bacino interessato nonché esperti di riconosciuta competenza scientifica.
- Il Comitato tecnico, utilizzando la segreteria tecnico-operativa, cura:
a) la redazione della relazione annuale sull’uso del suolo, sulle condizioni dell’assetto idrogeologico del territorio e sullo stato di attuazione del programma triennale in corso;
b) l’elaborazione e il coordinamento dei piani di bacino per ogni singolo bacino, i relativi programmi di intervento nonché i rispettivi successivi aggiornamenti e la verifica della loro attuazione;
c) la predisposizione dei programmi triennali di intervento di cui all’articolo 13;
d) assicura il coordinamento di tutti i piani di cui all’articolo 10;
e) coordina, d’intesa con i servizi tecnici nazionali, l’attività della rete regionale di rilevamento dei dati geofisici ed ambientali.
Nota relativa all’articolo 6
Così modificato dall’art. 7, l.r. 3 aprile 2015, n. 13.
Ai sensi del comma 11 dell’art. 6, l.r. 3 aprile 2015, n. 13, le disposizioni abrogate o modificate in virtù dell’art. 7 della medesima legge continuano ad applicarsi fino alla data di effettivo esercizio da parte della Regione delle funzioni trasferite.
Art. 7
(Segretario generale)
- L’Autorità di bacino ha un Segretario generale che:
a) presiede il Comitato tecnico e dirige la segreteria tecnico- operativa di cui all’articolo 8;
b) provvede agli adempimenti necessari al funzionamento dell’Autorità di bacino;
c) assicura il raccordo fra Comitato istituzionale e Comitato tecnico dell’Autorità;
d) cura l’istruttoria degli atti di competenza del Comitato istituzionale e del Comitato tecnico, ai quali formula proposte, e provvede all’attuazione delle loro deliberazioni;
e) cura i rapporti, ai fini del coordinamento delle rispettive attività, con le amministrazioni statali, regionali, degli enti locali e degli altri enti pubblici;
f) riferisce al Comitato istituzionale sullo stato di attuazione dei piani di bacino per lo svolgimento delle necessarie verifiche ed in tale materia esercita i poteri che gli vengono delegati dal Comitato medesimo;
g) cura la raccolta dei dati relativi agli interventi programmati ed attuati, nonché alle risorse stanziate per le finalità dei piani di bacino da parte dello Stato, della Regione e degli enti locali. - Il Comitato istituzionale nomina il Segretario generale dell’Autorità di bacino, scegliendo o un dirigente pubblico competente per la difesa del suolo ovvero un esperto di comprovata qualificazione professionale. L’incarico di Segretario generale ha durata quinquennale; tale incarico è equiparato a quello di dirigente di servizio.
Art. 8
(Segreteria tecnico-operativa)
- La segreteria tecnico-operativa è composta da dipendenti del ruolo unico regionale e di altre pubbliche amministrazioni.
- La Giunta regionale, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, provvede alla costituzione della segreteria di cui al comma 1. Il personale sarà preferibilmente scelto tra ingegneri, chimici, esperti di scienze ambientali, di idrogeologia, di geologia, di agraria, di scienze forestali e naturali, biologiche, di pianificazione territoriale nonché di esperti in materie giuridico-amministrative, economiche ed informatiche.
Art. 9
(Rete regionale di rilevamento)
- La Regione gestisce e coordina, avvalendosi dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale delle Marche ai sensi della l.r. 2 settembre 1997, n. 60, una rete regionale di rilevamento e sorveglianza ai fini della difesa del suolo, definendo con gli altri servizi regionali interessati, con le amministrazioni statali, con i servizi delle Regioni confinanti e con gli altri soggetti pubblici e privati operanti nel settore, le integrazioni ed i coordinamenti necessari.
- La Regione, i Comuni, le Comunità montane operano secondo criteri e metodi di collaborazione e sono tenuti a comunicarsi informazioni, dati statistici e ogni altro elemento utile allo svolgimento dei rispettivi compiti, anche attraverso la costituzione di sistemi informativi comuni ai sensi dell’articolo 20 della l.r. 60/1997.
- Ai sensi dell’articolo 1, comma 3, del d.l. 11 giugno 1998, n. 180, convertito in legge 3 agosto 1998, n. 267, la Regione acquisisce, senza oneri ed in forma riproducibile, ogni informazione utile presso tutte le amministrazioni pubbliche, le università e gli istituti di ricerca.
Nota relativa all’articolo 9
Così modificato dall’art. 7, l.r. 3 aprile 2015, n. 13.
Ai sensi del comma 11 dell’art. 6, l.r. 3 aprile 2015, n. 13, le disposizioni abrogate o modificate in virtù dell’art. 7 della medesima legge continuano ad applicarsi fino alla data di effettivo esercizio da parte della Regione delle funzioni trasferite.
Art. 10
(Valore, finalità e contenuti dei piani di bacino)
- I piani di bacino di rilievo regionale hanno valore di piano territoriale di settore e sono lo strumento conoscitivo, normativo e tecnico-operativo mediante il quale sono programmati gli interventi diretti alla conservazione, difesa e valorizzazione del suolo e della corretta utilizzazione delle acque.
- Il piano di bacino individua le prescrizioni alle quali dovranno adeguarsi gli strumenti di programmazione e pianificazione economica e territoriale di settore, individuando modalità di coordinamento dei piani esistenti, nonché i termini per gli adeguamenti dei piani.
- In attesa dell’adeguamento di cui al comma 2, il piano di bacino individua specifiche norme di salvaguardia immediatamente vincolanti.
- Decorsi i termini stabiliti dal piano di bacino per l’adeguamento degli strumenti di cui al comma 2 il Presidente della Giunta regionale diffida l’ente inadempiente a provvedere entro centottanta giorni, trascorsi i quali la Giunta regionale si sostituisce all’ente inadempiente.
- Il piano di bacino concorre a formare il quadro conoscitivo ed aggiornato della programmazione e pianificazione economica e territoriale costituito dal PPAR, dal PRS, dal PIT, dal PTC nonché dai piani dei parchi e dai programmi di prevenzione e previsione in materia di protezione civile di cui all’articolo 9 della l.r. 28 marzo 1996, n. 11.
- Il piano può essere redatto ed aggiornato anche per sottobacini o per stralci relativi alla regimazione idraulica in attuazione dell’articolo 17, comma 6 ter, della legge 183/1989 come modificata dal decreto legge 398/1993 convertito con modificazioni dalla legge 493/1993.
- Per le prescrizioni dei piani di bacino in materia urbanistica si applica l’articolo 17, comma 6, della legge 183/1989.
- Le Autorità di ambito di cui alla legge 5 gennaio 1994, n. 36 svolgono le funzioni di programmazione e controllo delle attività e degli interventi necessari per l’organizzazione e la gestione del servizio idrico integrato nel rispetto dei piani di bacino, ferme restando le competenze regionali sulla programmazione generale in materia di risorse idriche.
- Le funzioni di studio e di progettazione attinenti alla redazione dei piani di bacino di rilievo regionale possono essere affidate all’ARPAM, all’ASSAM ed eventualmente ad istituzioni universitarie, liberi professionisti ed organizzazioni tecnico-professionali specializzate.
- I contenuti del piano di bacino sono quelli previsti dall’articolo 17 della legge 183/1989.
Art. 11
(Formazione del piano di bacino)
- Entro tre mesi dal suo insediamento il Presidente del Comitato istituzionale avvia il procedimento di formazione del piano di bacino indicando:
a) gli specifici obiettivi da perseguire in relazione agli elementi conoscitivi disponibili sullo stato del bacino idrogeologico di competenza;
b) il quadro conoscitivo di riferimento e le ulteriori ricerche da svolgere. - Il piano di bacino è predisposto dal Comitato tecnico regionale per la difesa del suolo ed è approvato dal Consiglio regionale secondo la seguente procedura:
a) dopo l’adozione da parte del Comitato istituzionale, il piano è pubblicato nel B.U.R. e viene trasmesso ai Comuni, alle Comunità montane e alle Province interessati;
b) chiunque ne abbia interesse può presentare le proprie osservazioni entro i trenta giorni successivi alla pubblicazione nel B.U.R.;
c) entro i successivi trenta giorni i Comuni trasmettono al Comitato istituzionale le proprie osservazioni motivate e quelle presentate dai cittadini corredate del proprio parere;
d) nei successivi sessanta giorni il Comitato istituzionale sulla base delle valutazioni espresse dal Comitato tecnico regionale esprime le proprie determinazioni sulle osservazioni ricevute e trasmette il piano alla Giunta regionale;
e) nei successivi trenta giorni la Giunta regionale trasmette il piano al Consiglio regionale per l’approvazione. - Copie integrali dei piani con i relativi allegati grafici sono depositate a permanente e libera visione del pubblico presso i competenti servizi regionali, le Province, le Comunità montane e ciascuno dei Comuni interessati.
- Gli aggiornamenti al piano di bacino sono anche essi approvati con le procedure di cui al presente articolo.
Nota relativa all’articolo 11
Ai sensi dell’art. 9, l.r. 30 dicembre 2016, n. 37, in considerazione degli eventi sismici che hanno colpito la regione Marche nel secondo semestre del 2016, i termini dei procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della medesima l.r. 37/2016 indicati dalle lettere b), c) e d) del comma 2 di questa legge sono prorogati, secondo specifiche modalità dettate dalla Giunta regionale, sino al limite complessivo massimo di ulteriori centottanta giorni.
Art. 12
( (Misure di salvaguardia))
- In attesa dell’approvazione del piano di bacino, la Giunta regionale, d’intesa con il Comitato istituzionale, approva le misure di salvaguardia.
- Le misure di salvaguardia pubblicate nel B.U.R. sono vincolanti dalla pubblicazione e restano in vigore fino all’approvazione del piano di bacino e comunque per un periodo non superiore a tre anni.
- In caso di mancata approvazione o inosservanza delle misure di salvaguardia da parte degli enti interessati, il Presidente della Giunta regionale diffida l’ente inadempiente ad adempiere entro un congruo termine.
- Decorso inutilmente detto periodo adotta con ordinanza cautelare le necessarie misure a carattere inibitorio, di opere, di lavori o di attività antropiche, dandone comunicazione agli enti interessati.
Art. 13
(Programmi triennali d’intervento)
- I piani di bacino sono attuati attraverso programmi triennali di intervento. Tali programmi, redatti tenendo conto degli indirizzi e delle finalità dei piani medesimi nonché delle norme di programmazione di cui alle l.r. 18 aprile 1979, n. 17, 3 maggio 1985, n. 29 e 5 settembre 1992, n. 46, sono adottati dal Comitato istituzionale e trasmessi dalla Giunta regionale al Consiglio regionale per la successiva approvazione. I programmi destinano una quota non inferiore al quindici per cento degli stanziamenti complessivi a:
a) controllo e manutenzione ordinaria di opere, impianti, attrezzature e strumentazione finalizzati alla difesa del suolo;
b) svolgimento del servizio di polizia idraulica con esecuzione d’ufficio nonché dei servizi di piena e di pronto intervento idraulico;
c) aggiornamento dei piani di bacino, elaborazione di studi, rilevazioni ed altro nelle materie riguardanti la difesa del suolo, valutazione di impatto ambientale nei casi previsti dalla legislazione vigente e redazione di progetti preliminari ed esecutivi delle opere;
d) spese per l’informatizzazione dei piani di bacino. - Il programma viene trasmesso entro il 31 dicembre del penultimo anno di validità al Ministero dei lavori pubblici ai fini della programmazione finanziaria relativa al triennio successivo.
- I programmi triennali di intervento per i bacini di rilievo interregionale del fiume Tronto e dei fiumi Conca e Marecchia sono adottati d’intesa con le altre Regioni.
Art. 14
(Funzioni esercitate dalla Regione)
- La Regione, in materia di difesa del suolo, esercita, oltre alle funzioni legislative e regolamentari, le funzioni amministrative che richiedono l’unitario esercizio a livello regionale ed in particolare quelle concernenti:
a) l’approvazione di strumenti pianificatori e programmatori di dimensione o rilevanza regionale di cui all’articolo 10, comma 2, e la verifica di compatibilità degli atti di programmazione delle Province di cui all’articolo 15 della l.r. 46/1992;
b) l’attività di indirizzo e coordinamento, le attività di direttiva, di vigilanza e di sostituzione nei confronti degli enti destinatari di conferimento di funzioni amministrative;
c) l’approvazione dei piani di bacino interregionali ai sensi dell’articolo 19 della legge 183/1989;
d) l’approvazione dei piani di bacino di rilievo regionale;
e) la programmazione, pianificazione e gestione integrata degli interventi a difesa delle coste e degli abitati costieri;
f) ………………………………………………………………………………..
g) il monitoraggio degli usi delle acque pubbliche;
h) le concessioni di grandi derivazioni di acqua di cui all’articolo 6 del t.u. 1775/1933;
i) la programmazione delle attività conoscitive di cui al d.p.r. 7 gennaio 1992.
Nota relativa all’articolo 14
Così modificato dall’art. 7, l.r. 6 novembre 2002, n. 23.
Art. 15
(Competenze delle Province)
- Le Province collaborano con le Autorità di bacino interregionale e regionale per l’elaborazione dei piani di bacino e dei programmi triennali di intervento.
- Le Province, in sede di approvazione degli strumenti urbanistici comunali, verificano la compatibilità degli stessi con i contenuti dei piani di bacino interregionali e regionali, anche ai sensi dell’articolo 17, commi 3 e 4, della legge 183/1989.
Nota relativa all’articolo 15
Ai sensi dell’art. 2, commi 1 e 2, della l.r. 3 aprile 2015, n. 13, le funzioni di questo articolo, esercitate dalle Province, sono trasferite alla Regione.
Art. 16
(Conferimento di funzioni e compiti alle Province)
- Sono conferite alle Province le funzioni amministrative di competenza regionale concernenti:
a) la progettazione, realizzazione e gestione delle opere idrauliche, la polizia idraulica, il pronto intervento idraulico, la polizia delle acque, il servizio idrometrico e di piena, la gestione e la manutenzione delle opere e degli impianti e la conservazione dei beni interessanti la difesa del suolo, ivi compresa l’imposizione di limitazione e divieti dell’esecuzione di qualsiasi opera o intervento anche al di fuori dell’area demaniale idrica qualora questi siano in grado di influire anche indirettamente sul corso d’acqua;
b) il vincolo idrogeologico;
c) le autorizzazioni per la realizzazione degli impianti di trasporto, trasformazione o distribuzione di energia elettrica comunque prodotta, avente tensione fino a 150 mila volt;
d) la realizzazione di opere di consolidamento dei versanti di cui al d.lgs. 30 giugno 1918, n. 1019;
e) le opere di pronto intervento di cui al d.lgs. 12 aprile 1948, n. 1010;
f) le autorizzazioni per opere di difesa e regimazione idraulica richieste da terzi;
g) le concessioni di spiagge lacuali, superficiali e pertinenze per i laghi;
h) le autorizzazioni o concessioni di attraversamento di corsi d’acqua;
i) le concessioni di piccole derivazioni, compresa la delimitazione delle aree di rispetto delle captazioni potabili e le concessioni trentennali per pozzi di uso irriguo;
l) le licenze per l’attingimento di acqua pubblica, nonché le ricerche, l’estrazione e l’utilizzazione delle acque sotterranee;
m) le autorizzazioni per coperture o sistemazioni di sponde con sistemazione degli alvei;
n) le autorizzazioni per la costruzione di argini e le opere di cui all’articolo 60, commi 1 e 2, del r.d. 523/1904;
o) i provvedimenti di cui alla legge 2 febbraio 1974, n. 64;
p) la denuncia di opere di conglomerato cementizio armato, normale o precompresso o a struttura metallica di cui agli articoli 4 e 7 della legge 5 novembre 1971, n. 1086 e successive modificazioni ed integrazioni;
q) la nomina di regolatori per il riparto delle disponibilità idriche qualora tra più utenti debba farsi luogo alle disponibilità idriche di un corso d’acqua sulla base dei singoli diritti e concessioni ai sensi dell’articolo 43, comma 3, del testo unico approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775. Qualora il corso d’acqua riguardi il territorio di più Province la nomina dovrà avvenire d’intesa tra queste ultime;
q bis) la realizza;ione delle dighe non ricomprese nell’articolo 91, comma 1, del d.lgs.112/1998. - ……………………………………………………………………..
Nota relativa all’articolo 16
Così modificato dagli artt. 7 e 8, l.r. 6 novembre 2002, n. 23, e dall’art. 7, l.r. 3 aprile 2015, n. 13.
Ai sensi dell’art. 2, commi 1 e 2, della l.r. 3 aprile 2015, n. 13, la funzione del comma 1 di questo articolo è trasferita alla Regione.
Ai sensi del comma 11 dell’art. 6, l.r. 3 aprile 2015, n. 13, le disposizioni abrogate o modificate in virtù dell’art. 7 della medesima legge continuano ad applicarsi fino alla data di effettivo esercizio da parte della Regione delle funzioni trasferite.
Art. 16 bis
(Regime indennitario per la realizzazione di interventi finalizzati alla riduzione del rischio idrogeologico)
- Per la realizzazione di interventi destinati alla riduzione del rischio idrogeologico il soggetto attuatore in qualità di autorità espropriante, ai sensi dell’articolo 15 delle Norme di attuazione del “Piano stralcio di bacino per l’assetto idrogeologico dei bacini di rilievo regionale (PAI). Articolo 11 della l.r. 25 maggio 1999, n. 13” approvato con la deliberazione del Consiglio regionale 21 gennaio 2004, n.116, può disporre nel territorio regionale la costituzione di servitù di allagamento sulle aree interessate dalla periodica espansione delle acque e per le quali non si procede tramite ablazione del diritto di proprietà.
- Il provvedimento di costituzione della servitù di cui al comma 1 è trascritto nei pubblici registri immobiliari ai sensi della normativa vigente in materia.
- Ai proprietari delle aree assoggettate alla costituzione della servitù di cui al comma 1 è corrisposta una indennità determinata in misura non inferiore ad un terzo e non superiore a due terzi di quella spettante per la medesima area in conformità ai criteri previsti dalla normativa vigente in materia di espropriazione. Tale indennità è finalizzata a compensare sia il danno derivante dalla perdita di valore del bene sia il danno correlato alla perdita di produzione.
- La Giunta regionale, sentita la competente Commissione assembleare, definisce i criteri di calcolo dell’indennità, tenendo conto delle previsioni di cui al comma 3, della frequenza e durata delle piene, dei volumi d’acqua previsti, del tipo di coltura praticata nel fondo, nonché dei tiranti idrici e dell’esistenza di eventuali vincoli idrogeologici derivanti dalla pianificazione di bacino ai sensi del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale).
- Fatto salvo quanto previsto al comma 3, per le aree assoggettate a servitù di allagamento, dalla data della trascrizione del provvedimento di cui al comma 2 non sono riconosciute ulteriori somme a titolo di indennizzo o risarcimento per eventuali danni.
- Il soggetto attuatore di cui al comma 1 può stipulare, ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n 228 (Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell’articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57), una convenzione con l’imprenditore agricolo che coltiva le aree asservite al fine di assicurare la necessaria manutenzione delle opere idrauliche.
- Per quanto non previsto in questo articolo, trovano applicazione le disposizioni del d.p.r. 8 giugno 2001, n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità).
Nota relativa all’articolo 16 bis
Aggiunto dall’art. 1, l.r. 18 dicembre 2017, n. 35.
Ai sensi dell’art. 3, l.r. 18 dicembre 2017, n. 35, la Giunta regionale adotta l’atto di cui al comma 4 di questo articolo, introdotto dall’art. 1 della citata legge, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge medesima.
Art. 17
(Funzioni conferite ai Comuni)
- Sono conferite ai Comuni le funzioni amministrative concernenti i provvedimenti relativi agli abitati da consolidare ai sensi della legge 9 luglio 1908, n. 445, ivi compresa l’approvazione dei progetti generali di consolidamento.
- Ai fini della difesa dei centri abitati i Comuni provvedono alla pulizia dei tratti degli alvei dei fiumi, dei torrenti e dei corsi d’acqua interni ai centri stessi, nonché alla manutenzione dei muri ad argine, dei parapetti e delle altre opere, predisposte a difesa dei centri abitati medesimi, qualora detti tratti ed opere non risultino classificati ai sensi del r.d. 25 luglio 1904, n. 523 ad esclusione delle opere a carico dei proprietari e possessori di cui all’articolo 12, comma 3, dello stesso r.d. 523/1904. L’esecuzione delle opere e dei servizi può avvenire secondo quanto disposto dalla l.r. 20 giugno 1997, n. 35.
- I Comuni possono esercitare le funzioni di cui alla presente legge in forma associata; l’esercizio associato di tali funzioni, per i Comuni ricadenti nel territorio montano, spetta alle Comunità montane.
Art. 18
(Strutture e personale)
- La Giunta regionale, sentito il Consiglio delle autonomie locali e previa concertazione con le organizzazioni sindacali dei lavoratori dipendenti maggiormente rappresentative, identifica, entro quattro mesi dall’entrata in vigore della presente legge, le strutture organizzative e i contingenti di personale preposti allo svolgimento delle funzioni conferite ed adotta i provvedimenti di cui ai successivi commi.
- La Giunta regionale, tenuto conto anche delle eventuali richieste di trasferimento del personale, approva entro sei mesi gli elenchi nominativi, distinti per ente destinatario, del personale da trasferire, ivi compreso il personale trasferito dallo Stato. Il trasferimento agli enti locali avviene contestualmente al trasferimento delle funzioni e comunque da completarsi entro e non oltre il 31 dicembre 1999. All’atto del conferimento delle funzioni la Giunta regionale provvede altresì alla soppressione o alla rideterminazione delle competenze delle strutture organizzative interessate.
- I posti dei contingenti di personale individuati ai sensi del comma 1 sono portati in diminuzione della dotazione organica del personale della Giunta regionale e sono automaticamente soppressi all’atto del trasferimento del personale.
- Il personale regionale trasferito conserva la posizione giuridica ed economica in godimento all’atto del trasferimento, compresa l’anzianità di servizio già maturata; nei confronti di tale personale continua inoltre ad applicarsi il trattamento previdenziale di cui alla l.r. 3 novembre 1984, n. 34.
- La Giunta regionale, mediante contrattazione con le rappresentanze sindacali regionali maggiormente rappresentative, stabilisce inoltre le modalità di applicazione al personale trasferito di forme di incentivazione anche utilizzando gli stanziamenti previsti per il fondo della produttività collettiva e per il miglioramento dei servizi.
- Gli oneri relativi al personale trasferito sono a carico della Regione che vi provvede per l’anno in cui viene disposto il trasferimento con apposito stanziamento iscritto nel bilancio di previsione. Per gli anni successivi tali oneri vengono portati in aumento della dotazione finanziaria assegnata agli enti locali per far fronte alle spese relative alle funzioni conferite.
Nota relativa all’articolo 18
Così modificato dall’art. 16, l.r. 10 aprile 2007, n. 4.
Art. 19
(Beni strumentali)
- La Giunta regionale, sentito il Consiglio delle autonomie locali, individua i beni strumentali necessari all’esercizio delle funzioni conferite agli enti locali.
- I beni mobili ed immobili di proprietà della Regione ed utilizzati per le funzioni conferite sono assegnati agli enti destinatari delle stesse.
- Il Presidente della Giunta regionale provvede all’assegnazione dei beni individuati con apposito inventario redatto dal competente servizio regionale in contraddittorio con ciascun ente. Con lo stesso atto viene stabilito il titolo dell’assegnazione, disponendosi il trasferimento della proprietà in caso di funzione attribuita. In caso di funzione delegata l’assegnazione può essere disposta anche a titolo di comodato.
- I documenti riguardanti le funzioni conferite vengono consegnati, mediante elenchi descrittivi, agli enti destinatari. Resta salva la facoltà della Regione di chiedere e ottenere la restituzione oppure copia conforme di ogni documento consegnato.
Nota relativa all’articolo 19
Così modificato dall’art. 16, l.r. 10 aprile 2007, n. 4.
Art. 20
……………………………………………………………………..
Nota relativa all’articolo 20
Abrogato dall’art. 7, l.r. 3 aprile 2015, n. 13.
Ai sensi del comma 11 dell’art. 6, l.r. 3 aprile 2015, n. 13, le disposizioni abrogate o modificate in virtù dell’art. 7 della medesima legge continuano ad applicarsi fino alla data di effettivo esercizio da parte della Regione delle funzioni trasferite.
Art. 21
(Funzioni regionali in zone sismiche)
- Restano ferme le funzioni regionali in materia di costruzioni in zone sismiche di cui alla legge 2 febbraio 1974, n. 64 per le opere di ricostruzione conseguenti alla crisi sismica iniziata il 26 settembre 1997, fino alla completa realizzazione delle opere medesime.
Art. 22
( (Copertura finanziaria))
- Alle spese occorrenti per l’attuazione della presente legge si provvede nei limiti delle risorse trasferite dallo Stato ai sensi dell’articolo 7, comma 1, della legge 15 marzo 1997, n. 59 e dell’articolo 7 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 e con risorse finanziarie della Regione da determinarsi, annualmente, con le leggi di approvazione dei singoli bilanci.
- Le disponibilità determinate ai sensi del comma 1 sono corrisposte per le funzioni attribuite in ragione d’anno e con decorrenza dalla data di effettivo trasferimento delle funzioni stesse.
- La Giunta regionale è autorizzata ad istituire i capitoli occorrenti preordinati ai riflessi della gestione; gli atti adottati sono pubblicati nel B.U.R. entro quindici giorni e comunicati al Consiglio regionale entro gli stessi termini.
Art. 23
( (Abrogazione di norme))
- ……………………………………………………………………………….
Nota relativa all’articolo 23
Abroga, con la decorrenza di cui all’art.18, gli artt. 4; 5; 6, commi 3, 4, 6 e 7; 7, commi 2, 3, 4 e 5; 8, comma 3, e 9, commi 2 e 3, l.r. 3 maggio 1985, n. 29.
Art. 24
(Entrata in vigore)
- La presente legge entra in vigore il centottantesimo giorno successivo alla sua pubblicazione nel Bollettino ufficiale della Regione.
Allegati
Allegato A
Indirizzi per la redazione dei piani di bacino
Il piano di bacino ha valore di piano territoriale di settore con criteri, indirizzi, prescrizioni, norme ed interventi finalizzati alla conservazione e gestione delle risorse del bacino idrografico.
La redazione del piano di bacino si articola di norma in tre fasi, che vanno realizzate non necessariamente in sequenza ma correlate in un processo interattivo fra di loro e per le quali è necessario l’espletamento delle attività che vengono qui di seguito richiamate.
- Stato delle conoscenze
Questa fase ha lo scopo di raccogliere e riordinare le conoscenze esistenti sul bacino al fine di renderle disponibili, oltre che all’Autorità di bacino ed alla Direzione generale difesa del suolo, a tutte le altre amministrazioni, agli enti e alle popolazioni interessati.
Tutte le informazioni sono riportate in opportune raccolte tematiche inserite in un quadro organizzato delle conoscenze, ove sono indicati i dati rilevati e le varie fonti di rilevamento.
Le informazioni raccolte devono anche essere riportate su opportuna cartografia tematica. A tal fine si deve scegliere una adeguata ed unificata scala, che per le rappresentazioni complessive, relative a tutta l’area del bacino, deve essere almeno 1:100.000 e, per i bacini più piccoli, almeno 1:50.000.
Scale maggiori sono opportunamente scelte per le rappresentazioni di dettaglio, mentre per i bacini di grande estensione e dove scarseggiano le informazioni potranno essere utili anche rappresentazioni d’assieme in scale minori.
Operando con elaboratori elettronici per la messa a punto e la presentazione, anche grafica, delle informazioni raccolte, devono essere specificati il software e le conoscenze di base utilizzati, indicando inoltre le caratteristiche dell’hardware impiegato.
Per quanto attiene all’acquisizione e gestione dell’informazione raccolta, è definito un “quadro organizzato delle conoscenze”, secondo una strutturazione logica e funzionale nei confronti degli obiettivi posti sul piano. Tale strutturazione, che è normalizzata in modo da essere adottata da tutti gli studi di piano di bacino, deve comunque corrispondere a requisiti di flessibilità tali da consentire un trattamento dell’informazione secondo le esigenze dello specifico contesto territoriale in esame che, evidentemente, condizionano i processi di rilevamento ed elaborazione delle informazioni.
Il quadro conoscitivo è organizzato in modo informatico seguendo i seguenti criteri generali:
a) schedatura gestibile per elaborazione matematica e statistica dei dati archiviati in forma numerica;
b) rappresentazione cartografica vettoriale;
c) testi originali.
L’Autorità di bacino dei bacini di rilievo regionale provvede alla costituzione di un sistema informatico di gestione relazionale del data base.
Il sistema è realizzato nelle more della adozione, da parte del coordinamento centrale istituito presso la Direzione generale della difesa del suolo, delle specifiche fornite dal dipartimento dei servizi tecnici nazionali; in carenza di queste, il sistema realizzato deve per quanto possibile risultare compatibile e integrabile nel data base della Direzione generale della difesa suolo del Ministero dei lavori pubblici, del SINA del Ministero dell’ambiente e del sistema informativo unico del dipartimento dei servizi tecnici nazionali.
Il sistema deve comunque essere compatibile con il sistema informativo regionale.
A tal fine esso deve possedere almeno le seguenti caratteristiche:
a) possibilità di aggiornamento della presente versione del data base senza manipolazione dei cataloghi già archiviati;
b) facilità di gestione da parte di personale non necessariamente specializzato in informatica;
c) facilità di inserimento di nuovi dati;
d) facilità di formazione di nuovi (non previsti) cataloghi;
e) gestione di informazioni territoriali e restituzione in forma cartografica;
f) possibilità di predisporre il data base secondo un diverso criterio di archiviazione.
E’ descritto l’attuale stato di consistenza di ogni sistema di opere, mostrando la sua evoluzione nel tempo ed indicandone le situazioni di dettaglio. In carte tematiche di sintesi devono essere mostrate le interconnessioni esistenti tra i singoli sistemi di opere insediate sul bacino ed eventualmente anche esterne ad esso.
1.1 Descrizione dell’ambiente fisiografico
Questa attività deve consentire la definizione di tutti gli elementi di base per inquadrare i problemi da esaminare con il piano di bacino e si articola innanzitutto su dati già disponibili ed acquisiti con riferimento all’allegato 2 del d.p.r. 7 gennaio 1992, tenendo presente che ulteriori e particolareggiate informazioni sono raccolte, analizzate ed utilizzate nei successivi tempi di predisposizione ed attuazione del piano di bacino.
1.1.1 Individuazione del bacino
E’ individuato lo spartiacque naturale. Dove meno evidente risulta lo spartiacque, si definiscono appropriati contorni del bacino sulla base di documentate ipotesi, tenendo presenti anche la conformazione del bacino sotterraneo e gli eventuali interventi antropici modificanti la rete idrografica.
Sono poste in evidenza le eventuali interazioni, naturali e antropiche, con i bacini idrografici limitrofi. Per i bacini con foce a mare si identificano le zone litoranee nelle quali è sentito l’effetto degli apporti idrici e sedimentari del fiume, in termini di correnti litoranee prevalenti, di trasporto solido costiero, di assetto biologico, di eventuali inquinamenti e di quanto altro possa interessare l’ambiente marino.
Per questa attività conoscitiva è perciò necessario attuare:
a) la delimitazione del bacino idrografico oggetto del piano e la delineazione della rete idrografica, con riferimento alle indicazioni di cui all’art. 4 comma 1 del d.p.r. 14 aprile 1994 relativo alla delimitazione dei bacini di competenza regionale;
b) la delimitazione dei sottobacini fino al massimo ordine richiesto dalla natura e dall’importanza dei problemi da trattare;
c) l’individuazione dei bacini sotterranei e delle loro interconnessioni se chiaramente accertabili con bacini idrografici limitrofi a quello in esame;
d) la delimitazione delle unità fisiografiche costiere collegate al bacino interessato, individuando, se possibile, i meccanismi di massima che ne regolano la dinamica.
Per tutte le attività più sopra elencate, qualora non fossero disponibili informazioni ritenute essenziali, si fa esplicita menzione di tale carenza conoscitiva, indicando nel contempo gli studi integrativi necessari, con sufficiente grado di dettaglio, che completano le attività di cui all’allegato 2 del d.p.r. 7 gennaio 1992.
1.1.2 Morfologia, geologia, pedologia ed idrogeologia del bacino, uso del suolo
Le informazioni da organizzare riguardano essenzialmente:
a) l’individuazione delle grandi unità litomorfologiche;
b) i caratteri altimetrici, idrografici, geomorfologici, geologici, geochimici, giacimentologici, idrogeologici e pedologici;
c) la copertura vegetale;
d) i fenomeni di erosione e modificazione dei suoli, anche in relazione all’uso antropico;
e) la natura, le caratteristiche geochimiche, la consistenza e la qualità delle acque sotterranee, la stratigrafia degli acquiferi e la loro piezometria;
f) l’ubicazione e la tipologia delle sorgenti e delle risorgive;
g) i caratteri morfologici dei corsi d’acqua e la natura del trasporto solido in alveo;
h) le aree di alimentazione degli acquiferi;
i) l’uso del suolo;
l) le capacità d’uso del suolo (“Land capability”);
m) le caratteristiche pedologiche, in rapporto all’idrologia superficiale e sotterranea, alla tipologia taxonomica, all’uso attuale del suolo, alla stabilità dei versanti;
n) gli eventuali giacimenti di materiali solidi, liquidi e gassosi di particolare interesse.
1.1.3 Climatologia ed idrologia
E’ evidenziata la climatologia del bacino, anche raffrontandola con quella dei bacini limitrofi e curando in particolare:
a) l’individuazione dei regimi pluviometrici e delle zone pluviometriche omogenee;
b) l’individuazione delle caratteristiche idrologiche in relazione all’uso del suolo;
c) l’individuazione dei regimi idrologici e delle zone idrologiche omogenee;
d) la caratterizzazione degli eventi estremi pluviometrici e idrologici;
e) la nivologia;
f) il quadro geochimico delle acque.
E’ curata particolarmente l’informazione relativa ai corsi d’acqua del bacino, con riferimento alle misure di livello, portata e trasporto solido in sezioni caratteristiche. Sono inoltre evidenziate le modifiche planimetriche ed altimetriche degli alvei, come conseguenza dell’erosione e delle varie forme di trasporto solido.
Per i fiumi sfocianti a mare sono esaminate le interazioni fra acqua dolce ed acqua salata, la variazione dei livelli come conseguenza delle maree, la risalita del cuneo salino, il comportamento della barra di foce.
Per i bacini che comprendono acque di transizione (lagune, stagni costieri), sono evidenziate le interazioni di dette acque con quelle fluviali, in termini di portate, variazioni di livello, di apporto di materiale solido, di caratteri chimici e di carichi inquinanti.
Per la raccolta di queste informazioni si fa riferimento ai dati correntemente raccolti da tutti gli enti interessati (Servizio idrografico e mareografico, Aeronautica militare, Istituto idrografico della marina, ENEL, Ministero per il coordinamento delle politiche agricole, alimentari e forestali, Consorzi, Uffici regionali), nonché da Università ed Istituti di ricerca.
Sono inoltre individuate le stazioni di rilevamento esistenti ed operanti e l’ente che le gestisce, con l’indicazione della rispettiva area di copertura, della strumentazione impiegata, dei periodi e delle modalità di funzionamento e della consistenza e qualità degli archivi di dati.
Si provvede infine ad una descrizione degli eventi storici più significativi in materia di inondazioni ed allagamenti verificatisi nel bacino.
Nelle zone a pericolo valanghivo è redatta una carta di probabile localizzazione delle valanghe: tale carta segnalerà anche le attività antropiche e gli insediamenti a rischio ed i sistemi di opere di protezione nella zona di distacco ed in quelle di scorrimento e di accumulo delle valanghe.
1.1.4 Sedimentologia e trasporto solido
Sono raccolte tutte le informazioni atte a definire il bilancio sedimentologico a livello di bacino o di sottobacino, tenendo anche in debito conto l’apporto di sedimenti al mare. Tale disamina è effettuata in termini di:
a) contributi sedimentari quantitativi e qualitativi delle diverse unità lito-morfo-pedologiche caratteristiche delle varie parti del bacino;
b) caratteri sedimentologici dei corsi d’acqua;
c) trasporto solido costiero e nella zona di mare esterna contigua al sistema di spiagge;
d) principali tipi di gestione dei suoli che causano l’erosione ed il trasporto solido.
Dei laghi, dei serbatoi e delle opere idrauliche si evidenziano gli effetti dell’interramento, la qualità dei materiali di sedimentazione e la loro provenienza, nonché gli aspetti limnologici delle acque.
Per le acque costiere interessanti il bacino sono evidenziati l’aspetto idrodinamico delle variazioni del livello marino e del moto ondoso in acque basse, delle correnti litoranee predominanti, le modalità di erosione delle spiagge.
1.2 Normativa e caratterizzazione delle ripartizioni amministrative
I risultati e le conoscenze acquisite durante la fase conoscitiva sono inquadrati nell’esistente legislazione e quindi deve preliminarmente essere fissato l’aspetto amministrativo entro cui sono da effettuarsi gli interventi sul bacino, tenendo presente il riferimento normativo derivato dalle leggi dello Stato e delle Regioni, nonché dalle connesse norme attuative.
Sono individuati i soggetti giuridici ed amministrativi che svolgono attività di pianificazione di interesse per il bacino o comunque territorialmente competenti, con definizione della relativa giurisdizione tecnica ed amministrativa.
Sono identificati:
a) i limiti di Regione, Provincia e Comune;
b) i limiti giurisdizionali di consorzi e di particolari aggregazioni;
c) gli enti e gli organismi interessati alle finalità della legge 183/1989 per il bacino in esame o territorialmente competenti;
d) la struttura amministrativa direttamente o indirettamente competente pro tempore, quali gli assessorati, gli uffici speciali, l’organizzazione tecnica di supporto ai singoli uffici, il personale tecnico e le rispettive qualificazioni, le procedure amministrative e tecniche seguite per l’espletamento delle funzioni istituzionali dell’ufficio;
e) i centri e gli organismi di ricerca che abbiano operato od operino nel bacino;
f) i mezzi tecnici disponibili (strumentazione, hardware e software informatico, mezzi di trasporto, ecc.) per i singoli uffici;
g) il grado di interconnessione tra i diversi uffici e delle possibilità di cooperazione;
h) gli archivi, tradizionali e/o automatizzati, di informazioni di diverso tipo (dati misurati, bibliografie, ecc.) disponibili presso i singoli uffici;
i) le attività di pubblicizzazione e di editing dei singoli uffici;
l) le reti di monitoraggio, con la descrizione del grado di interconnessione;
m) l’ammontare dei finanziamenti negli ultimi dieci anni per interventi a manutenzione.
Si provvede quindi al censimento ed all’analisi degli strumenti di pianificazione, evidenziandone particolarmente l’impatto sui problemi e sugli aspetti specifici del bacino, ed in particolare sulla possibilità di armonizzare e rendere compatibili fra loro i diversi piani.
Ai fini del coordinamento di cui al comma quarto dell’articolo 17 della legge 183/1989, si prendono in considerazione, in quanto costituenti lo scenario di riferimento:
a) i provvedimenti della programmazione comunitaria e nazionale;
b) i piani regionali di sviluppo;
c) i piani territoriali regionali di coordinamento ed i piani regionali paesistici;
d) i piani territoriali provinciali, i piani comprensoriali ed i piani territoriali di area sub-regionale;
e) i piani e i programmi regionali e provinciali di settore, ivi compresi quelli riguardanti porzioni sub-regionali e sub-provinciali (il piano regolatore degli acquedotti, il piano di risanamento delle acque, i piani di infrastrutture a rete e puntuali, i piani di smaltimento dei rifiuti solidi urbani e tossico-nocivi, i piani della bonifica e degli insediamenti produttivi e quanto altro, nonché i piani ed i programmi di cui alla legge 8 giugno 1990, n. 142); f) i programmi di interventi ed i sistemi di progetti relativi ai settori delle attività primarie, secondarie e terziarie (programmi per l’agricoltura, per la forestazione, per il controllo dell’inquinamento atmosferico, per lo sviluppo turistico, per i trasporti, per le idrovie, per il settore energetico, per la portualità, per i parchi e le riserve e quanto altro).
Tutte queste informazioni sono riportate su appropriata cartografia, secondo le scale unificate prescelte.
Per la raccolta delle informazioni si può altresì far capo agli uffici dello Stato, delle Regioni e delle amministrazioni locali (Province, Comunità montane, Comuni), ad Università ed Istituti CNR, nonché ad altre fonti comunque disponibili.
Degli enti a competenza nazionale sono individuati gli uffici periferici o le sezioni competenti per il bacino in esame.
Sono inoltre individuati:
a) le leggi nazionali e le direttive della Comunità Europea, distinguendo tra quelle recepite e quelle in via di recepimento, e gli eventuali accordi internazionali;
b) le leggi ed i regolamenti regionali;
c) le disposizioni provinciali e le ordinanze locali più significative;
d) le imposte, i canoni e i contributi particolari;
e) i criteri di tariffazione per i vari usi dell’acqua e per i servizi di raccolta, trasporto e trattamento delle acque reflue;
f) gli strumenti di finanziamento ad opera dello Stato, della Comunità Europea e della Regione.
1.3 Descrizione dell’ambiente antropico (Stato di fatto)
L’elaborazione del piano di bacino richiede la conoscenza dello stato di antropizzazione del territorio e della dinamica insediativa.
E’ pertanto necessario procedere all’identificazione dell’uso del territorio e delle attività economiche interessanti il piano, con particolare riferimento a:
a) trend demografico e socio-economico;
b) aree marginali e incolte;
c) parchi e zone protette;
d) zone soggette a vincoli e servitù in base a leggi speciali (vincolo monumentale, paesistico, archeologico, ecc.);
e) miniere, cave, perforazioni profonde ed attività estrattive in alveo, anche dismesse;
f) zone agricole, con l’indicazione delle colture prevalenti e dell’attività irrigua e relativa struttura fondiaria, boschi, zone di rimboschimento e colture arboree da legno, pascoli ed allevamenti zootecnici intensivi;
g) zone adibite alla pesca ed all’acquacoltura;
h) zone urbane, con le tendenze espansive;
i) zone industriali, commerciali, produttive in genere;
l) discariche di rifiuti solidi urbani, industriali, speciali;
m) zone turistiche, ricreative e di particolare interesse storico e paesaggistico;
n) zone soggette a particolari servitù di carattere idraulico, per il traffico e la difesa nazionale;
o) dighe ed opere di ritenuta;
p) impianti idroelettrici;
q) strade, autostrade, ferrovie, aeroporti e porti di particolare impatto sulle condizioni ambientali;
r) infrastrutture a rete (acquedotti, fognature, impianti di depurazione, di bonifica, irrigazione, ecc.);
s) idrovie.
1.4 Utilizzo delle acque
Con l’ausilio di adeguata rappresentazione cartografica, nelle prescelte scale unificate sono evidenziati:
a) gli usi potabili, indicando i punti e le modalità di prelievo dai corpi idrici superficiali e sotterranei, le opere di invaso, adduzione, sollevamento e potabilizzazione;
b) gli usi irrigui, indicando i punti e le modalità di prelievo, adduzione, ripartizione, adacquamento e restituzione delle portate di supero;
c) gli usi secondari per l’agricoltura, la pastorizia e la zootecnia;
d) gli usi industriali: nella segnalazione degli acquedotti industriali si evidenzieranno i punti e le modalità di prelevamento, le strutture di adduzione, trattamento e restituzione dei reflui;
e) gli usi idroelettrici, con l’indicazione delle opere di sbarramento, scarico, trasporto e restituzione dell’acqua nonché con l’ubicazione e la tipologia delle centrali;
f) gli usi termoelettrici, con l’ubicazione delle centrali, il sistema di raffreddamento, l’ubicazione e la tipologia delle opere di prelievo e di scarico, le caratteristiche dei servizi idrici ausiliari.
Per ciascuno dei precedenti impieghi sono riportati:
1) gli estremi dei provvedimenti di concessione;
2) le portate minime e massime prelevate;
3) i volumi prelevati annualmente e quelli eventualmente restituiti;
4) i calendari di prelievo;
5) gli eventuali canoni di concessione.
Sono ancora descritti gli utilizzi dell’acqua per:
a) la navigazione interna, indicando l’ubicazione e la tipologia delle opere fisse (canali, porti), i tiranti minimi di navigazione, i criteri di esercizio;
b) gli usi naturalistici ed ambientali (aree protette, parchi, zone di pesca, di balneazione e di interesse paesaggistico e monumentale).
Si deve inoltre effettuare una valutazione dei fenomeni di abusivismo.
Sono infine da identificare tutte le forme di utilizzo di risorse non convenzionali evidenziandone le potenzialità e gli aspetti tecnologici.
Utilizzando le informazioni reperite, sono redatte carte dell’uso attuale delle acque in scala appropriata, ordinariamente 1:100.000 [1:50.000 per i bacini minori].
1.5 Censimento degli scarichi nei corpi idrici
Sono individuati tutti gli scarichi significativi concentrati provenienti da utilizzazioni idriche di natura domestica, urbana, industriale e zootecnica, recapitanti nei corpi idrici superficiali e sotterranei, precisando:
a) gli estremi dell’autorizzazione;
b) la data di costruzione e quella di inizio del funzionamento, nonché gli eventuali periodi di interruzione e le relative cause;
c) l’ubicazione, in base alle coordinate geografiche ed alla quota sul livello del mare;
d) le caratteristiche idrauliche (a pelo libero, in pressione, a getto libero o sommerso);
e) le caratteristiche del corpo idrico ricettore e la sua possibilità di rigurgitare lo scarico;
f) la portata minima, media e massima dell’effluente;
g) il volume annuo scaricato;
h) le modalità di funzionamento nel tempo;
i) le caratteristiche qualitative in base ad un certo numero di parametri significativi;
l) l’eventuale esistenza di situazioni di contenzioso e di intervento delle autorità sanitaria e giudiziaria. L’ubicazione dello scarico e le sue caratteristiche principali sono indicate nella cartografia tematica, nelle scale unificate prescelte e con opportuno simbolismo unificato.
Per gli scarichi provenienti dall’agricoltura e dalle altre attività che danno luogo ad immissioni diffuse nei corpi idrici superficiali e sotterranei, si indicano con opportuno simbolismo tutte le zone di influenza, precisando le modalità di scarico e la tipologia qualitativa delle acque sversate. Le informazioni raccolte sono sintetizzate su cartografia tematica.
1.6 Stato di qualità delle acque
Lo stato di qualità delle acque viene definito attraverso idonei indicatori in grado di rappresentare le diverse condizioni di compromissione dei corpi idrici, anche sotto l’aspetto dello stato trofico.
In particolare, vengono utilizzati tutti i dati resi disponibili e derivanti dalle indagini effettuate ai livelli regionali, provinciali e locali, relativamente allo stato di qualità delle acque superficiali, sotterranee e costiere. Viene fatto specifico riferimento alle stazioni di rilevamento della qualità delle acque, nonché alle modalità di campionamento e di analisi.
Con i dati disponibili è inoltre evidenziata l’evoluzione temporale dello stato di qualità dei corpi idrici in relazione alle caratteristiche naturali delle acque ed alle attività antropiche della zona, individuando anche tratti e zone omogenee con caratteristiche qualitative particolari, anche in vista di azioni tendenti alla classificazione dei corpi idrici stessi ed al recupero della qualità.
Per i laghi viene verificato lo stato trofico delle acque.
I dati in questione sono oggetto di specifiche elaborazioni e sono considerati gli aspetti fisici, chimici e biologici della qualità, in relazione agli standard d’idoneità d’uso delle acque.
1.7 Censimento delle opere di difesa del territorio
Sono individuati i sistemi di opere o le opere individuali, qualora esse siano di sufficiente consistenza, preposte a:
a) difesa idraulica (argini di piena, canali deviatori o scolmatori, bacini o serbatoi di laminazione delle piene, casse di espansione, ecc.) indicandone le caratteristiche generali e le finalità, l’area o l’entità protetta;
b) sistemazione delle aree in frana (opere di sostegno, drenaggio, ecc.) indicando le caratteristiche del fenomeno franoso delle opere;
c) protezione dall’erosione (sistemazioni idraulico-forestali, sistemazioni fluviali) indicando i caratteri del fenomeno erosivo e gli elementi generali del piano di sistemazione;
d) protezione dalle valanghe indicando i caratteri generali del piano delle opere.
Ove possibile, è indicata la data o il periodo di costruzione delle opere.
In aggiunta alle opere esistenti sono censite anche le opere il cui progetto sia finanziato o sia in corso di finanziamento; in tal caso sono indicati gli estremi del progetto e della disposizione del finanziamento.
Le informazioni raccolte sono riportate con opportuno simbolismo su carta tematica, sulla quale sono evidenziate, indicando i singoli usi, anche le opere idrauliche adibite ad usi plurimi.
1.8 Stato di manutenzione e di efficienza delle opere
Per tutte le opere realizzate, siano esse destinate al prelievo, trasporto e distribuzione delle acque da utilizzare, oppure al collettamento e smaltimento degli scarichi, oppure al controllo delle piene e prevenzione delle inondazioni, oppure ancora alla prevenzione dell’inquinamento delle acque superficiali e sotterranee, sono indicati il grado di efficienza e lo stato di manutenzione, in termini di interventi attuati o da attuare, con l’indicazione dei relativi costi e delle rispettive competenze ad intervenire.
- Individuazione degli squilibri
Con la dizione generale di squilibrio si intende definire quelle situazioni, manifeste o prevedibili, nelle quali lo stato attuale del territorio presenta condizioni di rischio e/o di degrado ambientale negative per la vita e lo sviluppo delle popolazioni interessate costituendo, al tempo stesso, motivo di intervento ad opera della preposta autorità.
Sono pertanto squilibri:
a) le situazioni di rischio idraulico, geologico e ambientale;
b) le alterazioni nella qualità degli ecosistemi (flora, fauna);
c) le insufficienze nella disponibilità quali-quantitativa delle risorse;
d) il sovrasfruttamento delle risorse disponibili;
e) l’inquinamento delle acque e del suolo;
f) la non rispondenza delle opere esistenti agli specifici obiettivi da raggiungere.
In ciascuno dei diversi ambiti disciplinari il riconoscimento degli squilibri può avvenire secondo criteri differenti. Il riconoscimento degli squilibri di varia natura interessanti il bacino comporta l’acquisizione delle relative conoscenze definite nella fase conoscitiva e costituisce il passo preliminare della pianificazione: sulla base delle risultanze di questo riconoscimento sono giustificati tutti gli interventi previsti nella fase propositiva. Sono di norma identificati due orizzonti di studio:
1) attuale, con il riconoscimento delle situazioni critiche in atto o di cui si può prevedere il verificarsi a breve scadenza;
2) futuro, a proiezione di trent’anni ed attualmente fissati alla data convenzionale del 2025.
Di norma possono essere previsti più scenari alternativi di sviluppo: questi sono mantenuti per la loro valutazione nel corso della fase propositiva qualora ne sia verificata la compatibilità con le risorse disponibili nel bacino.
In occasione dell’aggiornamento del piano di bacino sono prodotte nuove valutazioni aggiornate sia della situazione di squilibrio attuale che di quella futura. Sulla scorta dei risultati e delle tendenze evidenziati nella fase conoscitiva, sono formulati scenari alternativi da valutare in sede di previsione dell’assetto futuro.
2.1 Risorsa idrica
Per le valutazioni riguardanti la risorsa idrica, sulla base dei dati raccolti nella fase conoscitiva, si tende all’ottimizzazione delle varie forme di utilizzo dell’acqua, sia di prelievo (potabile, agricolo, industriale, per la produzione di energia), che in situ (navigazione interna, mantenimento di siti di carattere naturalistico, estetico e culturale).
Una carta tematica di sintesi indica quali siano le utenze che per quantità e/o qualità dell’acqua derivata non risultino soddisfatte; sono altresì segnalate le utenze che derivino acqua in quantità superiore a quanto giustificabile per l’espletamento razionale degli usi considerati e con qualità non strettamente necessaria per quanto richiesto dagli usi medesimi.
Sono inoltre indicati gli acquiferi soggetti a sovrasfruttamento, in relazione a particolari usi di prelievo evidenziando gli effetti riscontrati o riscontrabili in conseguenza di tale sovrasfruttamento. In particolare, per gli acquiferi costieri sono evidenziate le zone di intrusione e contaminazione salina.
2.2 Risorsa suolo
In relazione alle capacità naturali del suolo di costituire un supporto alla vita vegetale, animale ed all’attività dell’uomo, nonché di proteggere le falde dall’inquinamento da percolazione, sono squilibri tutte quelle forme, influenzate o meno dall’intervento antropico, o dal suo stato di abbandono, che peggiorano o comunque alterano le sue qualità soprattutto in relazione alla fertilità e produttività nonché alla capacità di incidere sulla stabilità dei versanti, sulla regolazione dei deflussi e dell’erosione superficiale, sulla ricarica delle falde e sui conseguenti eventuali fenomeni di inquinamento.
Tali situazioni di squilibrio sono riportate su apposita cartografia evidenziando gli effetti dei vari interventi antropici e individuando possibili forme di intervento di difesa e ricostituzione.
In questo contesto sono analizzate le risorse agricole per tipologia ed importanza economica. Per tali risorse, compresa quella zootecnica, si devono valutare gli effetti diretti ed indiretti sull’inquinamento.
2.3 Risorse dell’ambiente acquatico
La situazione di squilibrio in questo settore riguarda principalmente il mantenimento di condizioni di vita acquatica, sulla base di esigenze quantitative e qualitative di acqua nei corpi idrici, ritenute indispensabili per lo sviluppo della vita stessa.
Per le valutazioni riguardanti la quantità e la qualità delle acque superficiali sono individuati su una carta tematica quei tronchi della rete drenante, naturale ed artificiale, nei quali sussiste l’incompatibilità con i predetti valori, tenendo presenti eventuali limiti fissati dalla legge e dai piani di risanamento delle acque.
Le medesime valutazioni sono effettuate anche riguardo alle acque costiere di interesse per il bacino. Per le valutazioni riguardanti la qualità delle acque sotterranee sono delimitate su carta tematica le zone di falda a differente grado di compatibilità con l’habitat delle zone interessate direttamente o indirettamente dalle falde stesse, distinguendo, ove possibile, le diverse situazioni presentate dagli acquiferi multistrato.
2.4 Attività estrattive
Per le attività di coltivazione di miniere e cave, distinte per metodologia di estrazione e caratteristiche del materiale prelevato, nonché per gli impianti di estrazione di sostanze liquide o gassose, è indicato su apposita cartografia il grado di compatibilità con le condizioni attuali o prevedibili dell’ambiente in cui dette attività sono inserite.
Sono individuate le situazioni in cui l’attività estrattiva interferisce con il deflusso delle acque di falda e determina contaminazioni pericolose per lo stato di qualità delle acque superficiali e sotterranee.
Nel piano sono individuate le cave di materiali lapidei e di inerti. In tutti i casi è documentata e valutata la compatibilità ambientale e la possibilità di ricorrere ad usi alternativi del territorio.
Per quanto riguarda le risorse idriche sotterranee, sono prese in considerazione quelle situazioni caratterizzate da depauperamento della qualità delle acque, da definire in base ad appropriate soglie di accettabilità di prestabiliti indicatori, tenendo presente eventuali limiti fissati dalle leggi vigenti. A tali considerazioni sono associate le proiezioni relative all’evoluzione dei fenomeni evidenziati.
Sono inoltre evidenziate le situazioni di eccessivo sfruttamento delle falde, in relazione alle modalità di ricarica naturale.
In tutti i casi sono pianificati i sistemi operativi di monitoraggio delle fonti di inquinamento potenziale ed areale di diverso grado di pericolo, sia per gli inquinamenti stessi che per altri eventuali rischi. La cartografia tematica è opportunamente integrata da sistemi informativi della vulnerabilità ai diversi pericoli e rischi idrogeologici. Sono infine localizzati i fenomeni di subsidenza evidenziando i legami con le attività antropiche collegate direttamente ed indirettamente allo sfruttamento dei fluidi.
2.5 Attività insediative
Nel valutare il grado di compatibilità ambientale delle attività di tipo insediativo nel bacino, si evidenziano sia come situazione “de facto” che come situazione “de iure” previste nella pianificazione urbanistica, le interrelazioni degli insediamenti esistenti e di progetto con le esigenze di conservazione, valorizzazione o migliore utilizzo delle risorse fisiche presenti nel bacino.
Sono perciò evidenziate su carta tematica le eventuali incongruenze che esistono tra nuovi insediamenti e valore storico e naturalistico dei luoghi, nonché l’impatto che i centri abitati e le relative infrastrutture esercitano sulle condizioni di assetto idraulico e di instabilità del suolo.
2.6 Situazioni a rischio idraulico, geologico e sismico
Su tutto il territorio del bacino sono segnalate, con carta tematica, le situazioni di degrado geologico e geomorfologico in atto, distinguendole per tipologia (frane, erosioni di versante e quanto altro) e, ove possibile, per probabilità di accadimento.
Gli episodi di maggiore importanza sono segnalati singolarmente, negli altri casi è delineata una zona omogenea su cui il dissesto possa ritenersi uniformemente diffuso.
Sulla carta tematica sono indicate le attività antropiche minacciate da eventi geologici, diversificandole per tipologia (centri urbani, attività agricole, linee di comunicazione, insediamenti industriali, ecc.) e per il grado di rischio cui esse sono soggette.
Lungo la rete idrografica sono individuate le aree passibili di inondazione con diversa probabilità (o tempo di ritorno): sulle carte tematiche sono evidenziate anche le attività antropiche e gli insediamenti a rischio.
Lungo le coste sono segnalate su carta tematica le situazioni di dissesto, distinguendole per tipologia e classificandole per gravità; sono altresì individuate le attività antropiche e gli insediamenti a rischio.
Il territorio di pertinenza del bacino è infine valutato dal punto di vista del rischio sismico, considerando quindi gli aspetti di pericolosità sismica, vulnerabilità ed esposizione, particolarmente finalizzati alle problematiche di bacino.
2.7 Caratterizzazione degli squilibri
Per quanto riguarda le acque superficiali, le valutazioni riguardanti gli squilibri tra qualità della risorsa disponibile e domanda d’uso della stessa, sia ai fini del mantenimento della vita acquatica che degli usi potabili, agricoli ed industriali, fanno riferimento a tronchi della rete drenante, naturale e artificiale, in cui le acque defluenti abbiano caratteristiche pressoché uniformi.
In relazione ai diversi usi viene segnalata con distinte modalità di rappresentazione la differenza riscontrata tra gli indicatori della qualità delle acque del corpo idrico ed i valori necessari per l’uso in esame. Viene fatto esplicito riferimento alle normative vigenti e deve essere fatta menzione alla disponibilità dei dati che hanno consentito di emettere il giudizio.
Per quanto riguarda le acque sotterranee, si identificano gli acquiferi, o parte di essi, ove la qualità delle acque, sia per cause naturali che come conseguenza di attività antropiche, non è in grado di soddisfare le esigenze dell’utenza, prima fra tutte quella potabile.
Ai fini del riconoscimento degli squilibri, nei casi di insufficienza dell’informazione disponibile, possono essere condotte campagne di monitoraggio per il rilevamento di indicatori fisici, chimici e biologici in sezioni o luoghi rappresentativi. Per le acque superficiali le misure sono effettuate in condizioni idrologiche significative rappresentative del ciclo stagionale ed in localizzazioni definite sulla base delle risultanze delle indagini conoscitive descritte nella fase conoscitiva.
Una situazione ritenuta critica è separabile dalle altre quando essa sarà riconosciuta indipendente dalle altre, sia dal punto di vista fisico, sia per le possibili ricadute dal punto di vista economico e sociale.
Alcune situazioni critiche possono interessare tutto il bacino nel suo complesso. E’ anche possibile che in una singola area si presentino situazioni critiche di diversa tipologia: queste sono considerate tra loro indipendenti quando ciò sia giustificato dal punto di vista fisico e delle modalità di intervento.
Identificate e circoscritte le situazioni critiche, queste sono elencate su una scheda di sintesi, distinte per tipologia e contrassegnate da un ordine di priorità.
Le situazioni squilibrate così identificate (o almeno quelle la cui soluzione è proposta nella fase propositiva) sono analizzate in maggior dettaglio, indicando su una scheda sintetica le motivazioni degli scompensi, la valutazione della gravità degli squilibri, l’elenco ragionato degli interventi (strutturali e non strutturali) atti a risolverle.
Dell’efficacia di ciascuna delle soluzioni proposte è fornita una valutazione qualitativa.
Qualora le soluzioni identificate interessino più aree di crisi, ciò deve essere segnalato nella scheda, la quale deve considerare tutte le aree di crisi interessate dalla soluzione progettuale proposta.
Le schede devono essere corredate da una cartografia esplicativa redatta in scala non inferiore a 1:50.000.
- Azioni propositive
3.1 Obiettivi
Il valore, le finalità ed i contenuti del piano di bacino sono quelli definiti dall’articolo 3 e dall’articolo 17, comma 1, della legge 183/1989. Obiettivi del piano sono pertanto il conseguimento di azioni coordinate rivolte alla conservazione, alla difesa e alla valorizzazione del suolo ed alla corretta utilizzazione delle acque, nonché alla corretta gestione complessiva di tutte le risorse esistenti nel bacino.
Il piano si manifesta pertanto come uno strumento dinamico, in grado di programmare le azioni da svolgere, tenendo in debito conto l’effetto degli interventi realizzati e la reattività delle misure adottate, non solo secondo l’aspetto fisico delle varie componenti del bacino, ma anche nell’aspetto economico e sociale del territorio interessato.
Le finalità generali elencate al citato articolo 3 sono però definite in rapporto ai caratteri fisici ed agli assetti antropici del bacino considerato e quindi precisate nel dettaglio tenendo conto delle situazioni e dei problemi specifici.
3.2 Elaborati di Piano
Il piano, sulla base del terzo comma dell’articolo 17 della legge 183/1989, è composto dai seguenti elaborati obbligatori:
a) la relazione tecnica in cui sono descritte le analisi sullo stato di fatto, gli obiettivi specifici, le ipotesi progettuali e l’articolazione delle fasi attuative, comprensive degli aspetti economici ed amministrativi;
b) gli elaborati di progetto con distinzione tra lo stato di fatto e quello di progetto;
c) le norme di attuazione attraverso cui sono individuati i criteri, le direttive, le prescrizioni d’uso, finalizzati alla conservazione, alla difesa e alla valorizzazione del suolo ed alla corretta utilizzazione delle acque, nonché sono regolamentati gli aspetti operativi del piano ed i rapporti con gli strumenti di pianificazione ed i progetti di intervento.
3.2.1 I Piani di bacino e gli altri strumenti di pianificazione
Ai fini della preminenza di cui all’articolo 17 della legge 183/1989, negli elaborati di piano sono valutati l’integrabilità ed il grado di coerenza del piano di bacino con i programmi nazionali, regionali e sub-regionali di sviluppo economico e di ogni altro piano o programma avente incidenza sulla conservazione e sull’uso del suolo nonché sulla tutela delle acque.
A tal fine sono specificati modalità e strumenti per garantire il concreto adeguamento ai piani di bacino, ove necessario, dei piani citati nell’articolo 17, comma 4, della legge 18 maggio 1989, n. 183, considerandone gli effetti sul territorio e sull’ambiente antropico, nonché le ripercussioni a carattere socio-economico.
3.3 Proposte di intervento e priorità
Questa fase prevede la progettazione, a livello di fattibilità, di sistemi di opere di difesa del suolo, forestali, infrastrutturali (interventi strutturali), e di provvedimenti normativi ed amministrativi (interventi non strutturali), necessari per risolvere le singole situazioni di squilibrio individuate nella precedente fase.
Ciascuna soluzione è proposta, nei limiti del possibile, identificando oltre al progetto complessivo anche gli intermedi stralci realizzativi, al fine di consentire sia la verifica della funzionalità delle opere che il loro graduale finanziamento in accordo con quanto disposto dall’articolo 21 della legge 183/1989.
Ciascun progetto deve porre in luce le interconnessioni con i progetti riguardanti altre aree critiche e le sinergie che ulteriori proposte possono realizzare per la risoluzione di più situazioni di squilibrio.
Ciascun progetto di intervento strutturale è descritto almeno con gli elaborati di seguito elencati:
a) un testo sintetico con la giustificazione del progetto alla luce di quanto chiarito nelle precedenti fasi di studio del piano di bacino e la descrizione dei risultati che con esso si intende raggiungere;
b) una cartografia in scala non inferiore a 1:25000, con la localizzazione delle opere e degli interventi proposti; c) una serie di schede con l’indicazione delle caratteristiche delle opere e degli interventi; il grado di dettaglio nella descrizione delle opere deve essere sufficiente per una ragionata stima dei costi;
d) una scheda con l’elenco delle opere e degli interventi e relativa stima dei costi, nonché l’indicazione degli stralci realizzativi;
e) una sintetica analisi costi-benefici dell’intervento proposto. Nell’elencazione degli interventi strutturali sono considerati anche quelli rivolti alla manutenzione ed al ripristino della funzionalità delle opere esistenti.
Ciascun progetto di intervento non strutturale è descritto almeno con gli elaborati di seguito elencati:
1) un testo sintetico con la giustificazione del progetto alla luce di quanto chiarito nelle precedenti fasi di studio del piano di bacino e la descrizione dei risultati che con esso si intende raggiungere, sotto l’aspetto tecnico, ambientale, economico e sociale;
2) una descrizione dei provvedimenti normativi e/o amministrativi proposti per la soluzione del problema;
3) bozze dei testi delle disposizioni normative delle quali è proposta l’adozione;
4) una sintetica analisi costi-benefici dell’intervento previsto.
Le proposte di intervento fatte per gli scenari futuri debbono essere compatibili con le proposte di intervento precedentemente formulate per lo scenario attuale. Qualora siano individuabili più soluzioni progettuali (sia di tipo strutturale che non strutturale) per la soluzione degli squilibri, è consigliabile che esse siano separatamente presentate: la conclusiva analisi costi-benefici è utile al fine di valutare l’efficacia e la funzionalità della soluzione prescelta.
Ai fini dell’individuazione degli interventi, della valutazione del grado di priorità e della scelta delle caratteristiche tipologiche, si fa riferimento ai criteri e agli elementi indicati ai paragrafi 5.2, 5.3, 5.4 del d.p.c.m. 23 marzo 1990, nonché alle disposizioni previste dalla legislazione regionale delle Marche.
3.4 Attività inerenti la formazione del catalogo nazionale
Ai fini della costituzione del catalogo nazionale delle proposte di intervento sui bacini italiani, l’Autorità di bacino deve elaborare e presentare alla Direzione generale della difesa del suolo una documentazione di sintesi che fornisca un quadro completo ed esauriente degli squilibri in atto nel bacino e degli interventi proposti.
Tale documentazione è costituita da:
1) una carta tematica riportante la localizzazione delle situazioni di squilibrio e di rischio;
2) una scheda di sintetica descrizione per ciascuna di queste situazioni;
3) una carta tematica riportante la localizzazione delle soluzioni progettuali proposte, sia diffuse che puntuali; 4) una scheda di sintetica descrizione per ciascuna di queste soluzioni.
Le schede devono contenere gli opportuni rinvii alla documentazione di maggior dettaglio.
Questa documentazione è prodotta utilizzando procedure e strumenti informatici secondo gli standard che vengono utilizzati dalla Direzione generale per la difesa del suolo.